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Questo spazio sul web offre l’opportunità di confrontarsi in un forum e di proporre alle istituzioni le priorità di cose da fare nella sezione “Agenda Genova”. Spesso la programmazione è miope a causa delle emergenze contingenti, ma intanto si resta fermi, senza crescere e senza concedere prospettive ai giovani.
Riteniamo giusto che la classe produttiva genovese si interessi alla politica del territorio, provando a proporre idee e soluzioni che le nostre esperienze professionali ci suggeriscono
 

IL SECOLO XIX - 25 gennaio 2007

Come uscire dal tunnel del declino

Caro direttore, ho molto apprezzato il fondo, di Luigi Leone sul Decimonono di domenica, In cui si elevava (si fa per dire) Genova a metafora del declino dell'Italia e delle difficoltà a fronteggiarlo, a cominciare da una piena consapevolezza della portata della decadenza in atto e dunque dello sforzo collettivo straordinario che va messo in campo per invertire la tendenza. Conosco Genova per esserci nato e averci vissuto (fino al 1984), e non mi meraviglia di leggere quotidianamente sul tuo giornale - che è stato anche il mio -le mille difficoltà che la città attraversa, le altrettante velleità in cui si culla e le troppo poche buone iniziative che ogni tanto la animano. Spesso mi capita di accostare la parabola della città a quella del Paese, trovandole pressoché sovrapposte.
Non fa eccezione a questa similitudine "declinista" tra Genova e l'Italia, il recente dibattito che in città avete affrontato sulle candidature a sindaco in vista delle prossime amministrative. Nel senso che ho visto nelle difficoltà della società civile a esprimere un'alternativa all'ormai logoro schema bipoiare lo stesso spirito rinunciatario che fin qui ha mostrato la piccola e grande borghesia del Paese a livello nazionale.. Ho sperato molto che il mio amico Stefano Zara avesse il coraggio di bypassare la farsa delle primarie per mettersi in gioco direttamente, così come gli aveva saggiamente consigliato Riccardo Garrone. Ho sperato -e flebilmente spero ancora - che quel che ha mancato di fare Zara lo facesse - lo faccia - lo, stesso Garrone. Ho sperato che Enrico Musso - che ricordo giovane liberale di spirito anti-conformista quando io ero repubblicano - non cadesse nella trappola dorata della cooptazione, ma stanasse Silvio Berlusconi e lì centrodestra fuori dagli schemi, almeno nella misura in cui lo ha fatto -poco, ma meglio di niente - Letizia Moratti a Milano. Invece, niente. La società civile non ha impostò alla politica debole di abbandonare lo schema della contrapposizione forzata, quel bipolarismo all'italiana che ha spaccato il Paese a metà producendo solo danni, ma si è fatta inglobare pur esprimendo personalità di grande livello, come appunto Zara e Musso.
Certo, so che fare politica fuori dagli schemi, o addirittura con l'obiettivo di romperli, è assai difficile. Ma so anche che la Seconda Repubblica è durata fin troppo per non trarre la conclusione che è inutile - anzi, dannoso - tentare la "buona contaminazione" per linee interne. Non si tratta di un rigurgito di "anti-politica". Anzi, non ho mai creduto alla facile equazione che la società civile è meglio del ceto politico, che la classe dirigente diffusa è più onesta e lungimirante dell'oligarchia di Palazzo. E ho sempre considerato - prima, durante e dopo il 1992 - che il germe dell'anti-politica sia letale. Per questo ho fondato Società Aperta, un movimento d'opinione che propone il passaggio alla Terza Repubblica, attraverso un'Assemblea costituente, come propedeutico per modernizzare il Paese, sotto il profilo economico, sociale e culturale. Il Paese, e le sue città, hanno bisogno di un cambiamento radicale - a fronte delle rivoluzioni epocali che stanno trasformando la faccia del mondo globalizzato - ma questo sistema politico è incapace di realizzare le condizioni per governare i processi di cambiamento. Ma per far questo occorre un sistema politico che abbia come perno l'alleanza tra 1 moderati e I riformisti (grosso modo I due terzi degli italiani) e lasci all'opposizione comunisti, fascisti, secessionisti, glustizialisti e ambientalisti del "no a tutto". Questa netta maggioranza di italiani - sostanzialmente omogenea almeno sui grandi principi - è costretta, da un sistema politico sbagliato e da una pessima legge elettorale, a dividersi tra due poli artificiali, la cui linea di demarcazione formalmente è tra destra e sinistra - espressioni del Novecento che non servono a leggere la realtà e a compiere scelte di modernità - ma sostanzialmente è data dall'Inaccettabile contrapposizione tra chi è prò e chi è contro Berlusconi. Con il risultato che quella maggioranza diventa due minoranze a loro volta costrette, per vincere le elezioni, a imbarcare partiti e partitini che rappresentano quel terzo disomogeneo di italiani, regalando alle "ali" del sistema una pesante capacità di "ricatto politico".
Da qui nasce l'ingovernabilità italiana che ha contraddistinto la Seconda Repubblica ed è soltanto dando ai due terzi degli elettori "sostanzialmente omogenei" una rappresentanza polìtica adeguata che si può fermare il declino del Paese.
"Società Aperta" si batte per questo. E nel suo cammino ha trovato nell'associazione "100% per Genova e la Liguria", presieduta da Davide Viziano e composta da personalità eminenti come da giovani promettenti e impegnati, un Interlocutore e un compagno di strada. Per questo "Società Aperta" e "100%" hanno organizzato a Genovaper giovedì 25 alle 16,30 presso la Fondazione Carige un pubblico incontro per parlare dei temi che ho qui accemiato. "Genova, Italia; investire sul futuro", è il titolo che abbiamo scelto per sìntetizzare la nostra voglia - stavo per dire ardimento -- di cambiare Genova e l'Italia. Noi ci proviamo. E voi?

ENRICO C1SNETTO ex-presidente di "Società Aperta".

 

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